La cute ha un ruolo fondamentale nel proteggere l'organismo umano dall'ambiente esterno. Queste funzioni protettive sono espletate in parte con l'ausilio degli indumenti, che fin dai tempi remoti vengono utilizzati dall'uomo. Il periodo nel quale gli uomini hanno cominciato a vestirsi intrecciando fibre vegetali ed animali rimane ancora oggi sconosciuto. Per millenni gli uomini hanno utilizzato fibre naturali di tipo cellulosico, di derivazione vegetale (cotone, canapa e lino), o di tipo proteico, di derivazione animale (lana e seta). Alla fine del secolo scorso i chimici sono stati in grado di copiare i polimeri naturali e di formare polimeri da sostanze chimiche semplici arrivando a sintetizzare numerosi tipi di fibre differenti (fibre artificiali). Le fibre artificiali vengono sintetizzate da polimeri sintetici lineari di condensazione (poliammidi, poliesteri, ecc) o d'addizione (acrilici). Questi polimeri formano la spina dorsale della fibra, sulla quale si aggiungono svariati prodotti chimici che si formano durante il processo di polimerizzazione e numerosissimi additivi chimici, molti dei quali vengono addizionati per conferire differenti caratteristiche ai singoli tessuti come idrorepellenza, ingualcibilità, resistenza alle fiamme e anti-staticità. Le singole fibre presentano caratteristiche di superficie notevolmente differenti. Il nylon e le fibre in poliestere sono lisce mentre il rayon, il cotone e il poliestere trattato con agenti alcalini presentano superfici irregolari. Alcune fibre sono conosciute per la loro morbidezza (cashmere), mentre altre sono grossolane e ruvide, come la lana grezza e la fibra di vetro. Le medesime fibre possono variare per qualità fisica e per la presenza maggiore o minore di additivi e di sostanze chimiche. Molti indumenti sono confezionati partendo da pezze di tessuto colorate o stampate e di conseguenza trattate con varie sostanze chimiche. Tutti questi procedimenti vengono definiti genericamente col nome di finissaggio. Recentemente sono stati inoltre sperimentati ed introdotti nel mercato numerosi tessuti "intelligenti", in grado di trasportare e trasmettere composti attivi e di esercitare azioni favorevoli in base a ciò per cui sono stati creati, in risposta ad attrito, alterazioni del pH o biodegradazione. Tra questi abbiamo tessuti antibatterici, che contengono molecole antimicrobiche che inibiscono la crescita e distruggono i microrganismi, tessuti "autopulenti", contenenti nanostrutture di titanio che li rendono resistenti alle macchie permettono loro di decomporle, tessuti dotati della proprietà di asciugarsi in modo quasi istantaneo, tessuti cosmetici e profumati, dotati di microcapsule che diffondono diverse fragranze, tessuti idratanti, abbronzanti, ritardanti la ricrescita del pelo, ecc. Esistono poi tessuti "curativi", dotati di sistemi in grado di monitorare frequenza cardiaca, glicemia ed altri parametri vitali, ipoallergenici, termoregolatori, protettori di radiazioni ultraviolette, ecc.
I tessuti a volte sono in grado di provocare patologie della cute ed in particolare dermatiti da contatto. La prevalenza delle dermatiti da contatto da tessuti non è nota, ma sembra essere in progressivo aumento. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato dal fatto che nel corso degli ultimi anni le tecniche di produzione tessile si sono evolute, a causa di cambiamenti nella moda, attività ricreative e sviluppi tecnologici. Inoltre, a causa della globalizzazione e del conseguente aumento delle importazioni di abbigliamento, soprattutto da paesi asiatici (Cina, India, Pakistan e Bangladesh), il mercato italiano è stato invaso da prodotti le cui tecniche produttive non sono sempre note.
La dermatite da contatto da tessuti può verificarsi in ambito occupazionale, interessando i lavoratori dell'industria tessile e gli addetti alla commercializzazione dei prodotti finiti o derivando dall'uso di dispositivi di protezione individuale o di indumenti da lavoro. In ambito extraoccupazionale, invece, può derivare dall'impiego di indumenti indossati per le attività quotidiane o sportive.
Le manifestazioni cliniche possono essere diverse, così come le sedi di localizzazione. Tra le varianti cliniche possiamo avere forme eczematose classiche, orticaria da contatto, oppure dermatite da contatto a tipo eritema multiforme, purpurica, pigmentaria o pustolosa. Le sedi più comunemente interessate sono quelle dove gli abiti sono più a stretto contatto con la cute, quali collo, ascelle (con il risparmio del cavo), fossa antecubitale, faccia interna delle cosce, cavo popliteo, ma anche torace e tronco.
Il meccanismo patogenetico può essere sia di natura irritativa (dermatite da contatto irritativa - DCI) che allergica (dermatite allergica da contatto - DAC). In quest'ultimo caso i responsabili sono principalmente alcune sostanze aggiunte alle fibre tessili durante la loro manifattura e assemblaggio in indumenti. In particolare, gli agenti responsabili sono rappresentati da prodotti per le tinture e per il finissaggio, i metalli, la gomma e le colle. Occasionalmente anche gli sbiancanti ottici, i biocidi, i materiali ignifughi ed altre sostanze chimiche aggiunte sono responsabili dell'insorgenza del quadro clinico cutaneo. I coloranti sono le sostanze chimiche più usate e possono essere classificate in acidi, diretti, reattivi, dispersi: vengono legati al mordente per diffondere più facilmente tra le fibre. Dal punto di vista della classe chimica, il 40% dei coloranti tessili sono azoici ma non tutti sono altamente allergizzanti. Tra questi coloranti quelli che più facilmente determinano sensibilizzazioni appartengono al gruppo dei dispersi: questi formano legami stabili con le fibre naturali mentre si legano meno stabilmente con le fibre sintetiche. Sono composti liposolubili e per questa caratteristica penetrano bene attraverso la cute. Come mordente il più impiegato è il bicromato di potassio e con analoga funzione vengono impiegati coloranti metallo complessi che contengono cobalto o nichel all'interno della molecola.
Per l'identificazione dell'allergene sono indispensabili un'accurata anamnesi e l'esame merceologico del prodotto, che inizia dall'esame dell'etichetta del capo incriminato, che può fornire utili indicazioni sulla composizione. In aggiunta possono essere utili metodiche analitiche per verificare la presenza dei prodotti chimici presenti e non dichiarati. Il cardine della diagnostica sono tuttavia i test cutanei allergodiagnostici, ed in particolare il patch test. E' indispensabile avere a disposizione una serie di allergeni specifici, costruita sulla base di dati merceologici aggiornati. Fondamentale è anche lo studio dell'indumento incriminato, sia in vivo che in vitro, al fine, rispettivamente, di verificare l'imputabilità dello stesso e di identificare allergeni in esso contenuti, dichiarati o occulti.
Nel triennio 2008-2011, uno studio condotto in collaborazione tra SIDAPA e l'Associazione Tessile e Salute, ha consentito di fotografare le caratteristiche epidemiologiche, cliniche ed eziologiche delle dermatiti da contatto da tessuti sul territorio italiano*. Ulteriori studi sono attualmente in atto e programmati nel prossimo futuro al fine di avere sempre a disposizione dati aggiornati sulla problematica.
* Lisi P, Stingeni L, Cristaudo A, Foti C, Pigatto P, Gola M, Schena D, Corazza M, Bianchi L. Clinical and epidemiological features of textile contact dermatitis: an Italian multicentre study. Contact Dermatitis 2014; 70: 344-350.
Leonardo Bianchi, Luca Stingeni
Sezione di Dermatologia, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Perugia